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Nuova inserzione del 7/1/2012



di Di Tata Emiliano

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San Leo


Ogni paese ha il suo protettore, anche il nostro lo ha in San Leo. Sacerdote e monaco benedettino, San Leo nacque nel villaggio fortificato di Cliterniano, intorno al Mille, da nobile famiglia.


I genitori lo educarono cristianamente, ponendo somma cura nell’insegnare al figlio l’amore a Dio, al prossimo, alla virtù mediante il loro esempio di vita cristiana intensamente vissuta. Per ispirazione divina si fece monaco dell’ordine di San Benedetto.


Entrò nel convento di San Felice, che era posto poco lontano da Cliterniano, dove studiò e ricevette l’ordinazione sacerdotale. Rimase sempre, secondo la regola, nel convento di San Felice trascorrendo una vita esemplare.


Osservò con scrupolo la regola consumando la sua esistenza nella preghiera, nel sacrificio, nella penitenza, nella predicazione e nel lavoro.


Nel convento, vivendo santamente, fece molti progressi nell’assidua predicazione del vangelo e nell’esercizio delle virtù.


Il Signore lo rese famoso anche con i miracoli, come si ricava da un dipinto del milleduecento: liberò alcuni indemoniati, rese miracolosa l’acqua di cui si serviva per la purificazione delle mani durante la celebrazione della messa e guarì con essa molti malati; fece altresì restare illeso un chierico che, suonando la campana del convento di San Felice, era stato colpito ed imprigionato dalla stessa che si era distaccata dal campanile.


I suoi miracoli gli procurarono una fama tale di santità che il popolo e il vescovo di Larino del tempo lo proclamarono “Santo” subito dopo la sua morte, che avvenne il 2 maggio di alcuni anni dopo il Mille.


Morì piuttosto giovane: poteva contare una cinquantina di anni. Fu sepolto sotto l’altare del convento di San Felice, fondato non prima dell’anno 858 e non dopo il 908.


Il convento, per i pericoli delle invasioni barbariche, per la malaria e per le distruzioni provocate dai frequenti terremoti, fu abbandonato dai monaci benedettini poco dopo la morte del Santo. Così esso andò in rovina insieme alla chiesa.


Il corpo del Santo stette oltre un secolo sepolto sotto l’altare della chiesa del convento. Un giorno per caso, o per volontà divina, Roberto di Bassavilla, conte dei conti di Rotello, andando a caccia scoprì il corpo del Santo (non prima del 1154, anno di nomina a conte di Rotello, e non oltre il 1182, anno di morte del Conte Roberto).


Il corpo del Santo fu portato “processionalmente” su di un carro trainato dai buoi, con l’accompagnamento del clero e del popolo, nella chiesa di Santa Maria in Pensili.


In essa (chiesa) Dio misericordioso, per le preghiere e i meriti dello stesso Beato Leone confessore elargì frequenti miracoli ai suoi fedeli, che piamente lo supplicavano.


Il 2 maggio 1728, poiché la chiesa di Santa Maria “era pericolante”, e la catacomba, dove era conservato il corpo del Santo, si era resa inabitabile per l’umidità, per l’intervento del vescovo di Larino, mons. Andrea Tria, sollecitato dal clero e dal popolo di San Martino, con la partecipazione delle più illustri autorità della Regione, fra l’entusiasmo dei Sammartinesi e di numerosissimi pellegrini, venuti dai paesi vicini, le ossa di San Leo dalla chiesa di S. Maria furono portate nella chiesa di San Pietro Apostolo, rimessa a nuovo per la fausta circostanza e decorata del dipinto di “Collegiata”. In occasione della traslazione, San Leo operò altri miracoli.


San Leo, attraverso i secoli, ha sempre protetto la popolazione di San Martino, che a lui si era affidata facendolo suo protettore. Nel mese di agosto del 1566 l’armata turca, guidata da Pialì Pascià, arrivò fino al golfo di Venezia; poi si diresse verso Pescara e spingendosi più a sud, distrusse i paesi di Francavilla, Ortona, Ripa di Chieti, San Vito, Vasto, Termoli, Serracapriola e Guglionesi.


Non fu offeso dalla barbara rabbia dell’armata turca “il piccolo, ma nobile castello di San Martino”.


Nel 1943, alla fine dell’ultima guerra mondiale, i tedeschi durante la ritirata, piazzati dei cannoncini a Guglionesi, spararono su Termoli e Ururi facendo molte vittime; non spararono però su San Martino, nonostante fosse vicino e di fronte a Guglionesi.


Quando nel pomeriggio del 2 Ottobre le truppe tedesche fecero sosta nel nostro paese, la popolazione si rivolse al suo protettore affinché non si ripetessero i crudeli massacri e le dolorose azioni proprie di ogni guerra. E San Leo protesse questa devota popolazione che ancora oggi, nelle necessità spirituali, si rivolge con fede al suo protettore per chiederegli le grazie di cui ha bisogno.


Nell’anno 1947, il giorno 18 ottobre, alle ore 15,30 mons. Oddo Bernacchia, vescovo di Larino e di Termoli, alla presenza del sig. Gennaro Di Bello, sindaco di San Martino in Pensilis, e di molti sacerdoti e laici, con l’ausilio del dott. Raffaele Rossi, quale tecnico sanitario, procedette alla ricognizione delle ossa del Santo protettore.


Per ordine del vescovo, il corpo fu ricomposto nella nuova urna, che poi fu deposta sotto il nuovo altare marmoreo dedicato al Santo.


Tutto questo ci dice con quanta devozione, noi Sanmartinesi abbiamo sempre custodito attraverso i secoli, il corpo di San Leo, affidatoci da Dio; di quale onore circondiamo la sacra urna e quanta illimitata fiducia riponiamo nel santo patrono San Leo.

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